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venerdì 31 agosto 2007

La Gran Bretagna


Anche nei trasporti pubblici locali la Gran Bretagna rappresenta, come per molti altri settori di pubblica utilità, il caso di riferimento in tema di liberalizzazione e regolazione. E’ stato, infatti, il primo paese a introdurre forme di competizione nel e per il mercato e quindi ad attivare procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi.
Più in dettaglio8, la Gran Bretagna è uno dei pochi Paesi dove la competizione nel mercato è il modello prevalente di regolazione dei servizi di trasporto locale. Fatta eccezione per l’area metropolitana di Londra e per l’Irlanda del Nord9, nel resto del Regno Unito l’offerta di trasporto collettivo (su gomma) è definita da:
• servizi di trasporto commerciali (non sussidiati): in questo caso l’operatore è libero di definire la relazione da servire, gli orari, le fermate, le tariffe, i veicoli da impiegare, ecc., previa registrazione al Traffic Commissioner quaranta giorni prima dell’inizio del nuovo servizio o la modifica di quello esistente;
• servizi di trasporto pubblico non commerciali (servizi sussidiati), la cui funzione sociale è individuata dal decisore pubblico (Public Transport Authority-PTA) e le cui regole sono definite dalle Public Transport Executive-PTE. Le PTE sono organismi tecnici cui competono le funzioni di pianificazione del trasporto, gestione delle risorse, selezione degli operatori su base competitiva, contrattualizzazione del rapporto tra i soggetti, monitoraggio-controllo del contratto, ecc.
La competizione nel e per il mercato, implementata rispettivamente nel Regno Unito e nell’area londinese, hanno dato risultati significativamente differenti.
Il processo di deregulation nel settore nelle principali aree urbane inglesi, ad esclusione di Londra, ha generato una notevole riduzione dei contributi pubblici già nei primi anni successivi alla riforma: nell’ordine del 20% nelle grosse città e 10% nelle altre aree (Beesley, 1991) ed un aumento della redditività delle aziende di trasporto, grazie anche a forti riduzioni del costo del personale. Non tutti gli effetti del processo di modifica del sistema di mobilità sono stati però positivi. Si sono rilevati, in particolare:
• un incremento delle tariffe, di circa il 20% nella maggior parte dei casi;
• un’eccessiva congestione del traffico nelle tratte più redditizie, causata dalla sovrapposizione di un elevato numero di operatori;
• una diminuzione del numero di passeggeri trasportati (30%) a fronte di un aumento dell’offerta in termini di vetture*Km;
• un innalzamento graduale dell’età del parco veicoli.
Inoltre occorre sottolineare come essenzialmente due circostanze abbiano contribuito a determinare il forte calo dell’utenza registrato:
• l’instabilità introdotta nel sistema, generata dal continuo alternarsi degli operatori, ha causato frequenti cambiamenti delle modalità di servizio, degli orari, dei percorsi, con la conseguente impossibilità per l’utenza di disporre di un’informazione chiara e completa sulla rete;
• l’insufficiente integrazione di rete e tariffe, con la conseguente mancanza di un’offerta di servizi “sistemica e intermodale”.
Il fenomeno riguarda le aree metropolitane nel loro complesso, dove mediamente si calcola che ogni anno circa 1400 servizi vengano modificati o soppressi. Complessivamente, quindi, il processo di deregulation dei servizi ha prodotto dal lato dei bilanci pubblici e degli operatori i benefici previsti, mentre dal lato dell’utenza si sono riscontrati parecchi problemi, generati proprio dall’introduzione della libera concorrenza.
In Gran Bretagna la quota di servizi offerti dai grandi gruppi privati è passata dal 12% al 58% nell’arco di 5 anni con una progressiva diminuzione sia della presenza di operatori minori che delle aziende pubbliche di trasporto, queste ultime passate dal 21% nel 1989 all’annullamento della loro presenza nel 1995. Di estremo interesse risulta invece essere l’esperienza di Londra, in cui si è adottata la competizione per il mercato, e dove si sono riscontrati dati in contro-tendenza con il resto del Paese.

Il caso di Londra
Il processo di trasformazione dei servizi di trasporto londinesi è durato circa 10 anni, a riprova del fatto che cambiamenti così radicali in un settore di cruciale importanza necessitano di parecchio tempo prima di poter essere assorbiti dal sistema, ma anche a riprova dei benefici ottenibili dal mantenere costante la barra del timone di un processo riformatore.
Il punto di partenza della riforma è stato il Transport Act del 1984 che ha messo le basi per la riorganizzazione del London Transport, che ha via via assunto una struttura di tipo holding, con alcune funzioni centralizzate per quanto riguarda le attività di pianificazione, di marketing, di politica e gestione tariffaria e di raccolta e ripartizione dei ricavi e di altre attività indirette, ma ha dimesso le attività di gestione dei servizi di superficie.
Oggi tutte le linee sono quindi messe a gara e gestite con contratti di servizio di tipo net cost, di durata variabile da tre a sei anni, che hanno sostituito in massima parte gli iniziali contratti gross cost per una maggiore incentivazione dell’operatore. Le gare - linea per linea, va sottolineato - si svolgono secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel rispetto del capitolato predisposto da London Transport. Nei contratti vengono definiti i programmi di esercizio, gli standard di qualità, le caratteristiche del parco mezzi che è di proprietà del gestore e che deve essere per l’80% del tradizionale colore rosso e i sistemi sanzionatori.
La dimensione minima dei “lotti” messi a gara (le singole linee) non ha impedito la progressiva schiacciante affermazioni di cinque grandi gruppi del Tpl (Stagecoach Holdings, Go-Ahead, Arriva Group, Firstgroup e National Express Group) che gestiscono più del 70% dei servizi della metropoli attraverso società ad esse collegate. La crescita dimensionale degli operatori non l’ha pianificata l’autorità di regolazione, non l’ha voluta la politica industriale dei campioni nazionali: l’ha generata il mercato.
Il monopolio pubblico si è trasformato in oligopolio privato e oggi le politiche di “cartello” portano ad un innalzamento dei corrispettivi dei contratti di servizio rispetto a quanto avveniva nella prima fase di mercato più concorrenziale. È questo certamente una piega negativa che ha preso la riforma.
Ma se si analizzano altri aspetti, ci si accorge facilmente dei numerosi risvolti positivi della stessa, tra cui: a) i costi per vettura-km si sono ridotti del 51% e ciò ha consentito di espandere il servizio del 32%, registrando un decremento complessivo della spesa del 35%. La migliore produttività ha consentito risparmi per 8,4 miliardi di euro; b) si è verificato un aumento del numero di tragitti toccando il tetto mai raggiunto degli 1,3 miliardi.
Alcuni studi inerenti alle aree metropolitane fuori Londra (Heseltine e Silcock,1990) hanno rilevato che per 2/3 la riduzione dei costi è stata da imputare ai migliori livelli di produttività ma hanno giocato un ruolo fondamentale anche altri fattori quali la diminuzione del costo del carburante e i ridotti investimenti nel settore. Anche la riduzione fino al 30% delle retribuzioni reali del lavoro ha contribuito alla riduzione dei costi. I lavoratori del settore da gruppo a bassa qualificazione, ma privilegiato perché fuori mercato, sono diventati uno dei tanti gruppi a bassa qualificazione e bassa retribuzione che si trovano nel Regno Unito. Anche la composizione per nazionalità di nascita dei lavoratori del settore è conseguentemente cambiata. Pochi sono i britannici, molti gli immigrati, che trovano nel comparto un’occupazione regolare e regolarmente retribuita.
La scarsa disponibilità di posteggi a Londra ha contribuito, inoltre, a mantenere basso il possesso di autovetture - ossia il traffico privato - e, per converso, a mantenere alta la domanda di trasporto pubblico (Ramella, 2001). Alcuni studi hanno, invece, posto l’attenzione sull’evoluzione di altri fattori. In particolare risulta significativo l’aumento dei ricavi da traffico (sia per l’aumento di uso del servizio sia per un innalzamento tariffario) a testimonianza del fatto che il servizio bus offerto, nel complesso, ha riscosso e sta riscuotendo un successo crescente (London Transport Buses, 2002).

giovedì 30 agosto 2007

La Germania e l’Olanda



In Germania il modello organizzativo del trasporto pubblico locale risulta quindi così articolato: le comunità locali (Länder, Distretti , Comuni) definiscono il programma del trasporto pubblico, la natura e l’ampiezza dei servizi e provvedono al loro finanziamento; l’Autorità (Verkerhrsverbund) sovrintende alla gestione operativa dei servizi, attraverso il coordinamento e l’integrazione di tutte le imprese di trasporto locale, e procede all’assegnazione dei servizi “commerciali”, concedendo una licenza di otto anni all’operatore scelto, e all’assegnazione dei servizi non commerciali a un operatore dotato di licenza o attraverso procedure concorsuali, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Sebbene la riforma del 1996 introdotta in Germania disegni un quadro dove, se non per casi marginali, non esiste una completa concorrenza diretta per il mercato attraverso procedure concorsuali, il numero dei piccoli operatori privati è molto elevato e ciò si spiega con il frequente ricorso da parte delle aziende titolari di licenza al subappalto dei servizi. Per i servizi urbani le aziende pubbliche maggiori sono circa 400, che affidano il 30% dei servizi a circa 1500 aziende private mediante gare. Si è così sviluppato un mercato “di secondo livello” tra gli operatori privati di piccole dimensioni e le aziende titolari della concessione, che in questo modo si garantiscono livelli di efficienza elevati che non potrebbero mai raggiungere con la gestione diretta della totalità dei servizi. Si osservi però che il mercato del subapplalto è ben diverso dalla gara per l’affidamento del servizio, in quanto in questo caso i risparmi di costo derivanti dall’affidamento di parte del servizio a terzi sono interamente “incassati” dall’impresa appaltante e non dall’ente locale.
A livello regionale esistono una ventina di aziende tutte controllate dagli incumbent locali, circa il 50% dei servizi sono sub-contrattati a piccoli privati, in generale mediante gara. In totale le aziende private sono 2500. Sono presenti aziende straniere: VIA-GTI e la Connex.6

Stipendi
Gli stipendi ( Lohn/Gehalt) in Germania sono tra i più alti del mondo. La maggior parte dei lavori per i laureati pagano 30.000€ /anno. I lavori per gli studenti in cui non è richiesta una laurea pagano 10/15 € /ora. Di solito, quando si parla di stipendi, si parla di stipendio lordo, cioè prima della deduzione delle tasse e sicurezza sociale. Tieni presente che le tasse, a seconda del tuo stipendio, possono arrivare ad essere il 50% del tuo stipendio lordo. Quindi cerca di non confondere gli stipendi lordi e netti!

Lo stipendio nel tuo contratto è mensile. Nel contratto dovrebbero essere indicati anche remunerazioni speciali, bonus e revisioni dello stipendio. Molte imprese hanno 13 paghe l'anno. Si paga di solito a dicembre per Natale o viene diviso tra Natale e l'estate. Per alcuni lavori di direzioni ci sono 14 paghe l'anno.

È difficile sapere a quanto ammonta lo stipendio per lavori o posti specifici anche se ti risulterebbe più facile saperlo per contrattare il tuo stipendio. Personalmarket ( www.personalmarket.de) ti offre, previo pagamento, un'analisi dello stipendio basandosi sul settore, educazione, esperienza professionale e zona geografica. Questo può essere di gran aiuto quando dovrai negoziare il tuo stipendio.



Normativa lavorativa
La Germania ha uno dei mercati lavorativi più regolati del mondo, con le sue leggi sul lavoro disegnate per proteggere i lavoratori. Che ci sia o meno un contratto di lavoro, i lavoratori hanno diritti di base:

● vacanze

● stipendio per malattia

● poter scegliere di lavorare a tempo parziale

● ricevere una formazione

● ferie per maternità/paternità e relativa protezione professionale

I periodi di preavviso seguono delle regole ma le compagnie possono concordare periodi di preavviso più lunghi nel caso di lavori collettivi o individuali. Le condizioni di lavoro al di sotto dello standard minimo legale stabilito non sono permesse e non sono legalmente vincolanti.

Accordi di lavoro collettivo
C'è anche una legge per il lavoro collettivo che nasce dalle leggi che proteggono gli accordi lavorativi collettivi e i diritti dei lavoratori sul posto di lavoro ( Betriebsverfassungsrecht). Le leggi che governano gli accordi collettivi permettono ad entrambe le parti ( sindacati e federazioni patronali o impresari individuali) di creare i loro propri accordi lavorativi. Gli accordi lavorativi regolano gli stipendi, ore lavorative, ferie e periodi di preavviso. La maggior parte degli impiegati lavorano con un accordo lavorativo anche se negli ultimi anni sempre più imprese sono state esentate dal negoziare accordi propri.

I diritti del lavoratore
Il Betriebsverfassungsrecht regola la relazione tra lavoratore ed impresa sul posto di lavoro. Gli impiegati sono rappresentati dal Consiglio di Lavoro ( Betriebsrat) i cui membri vengono scelti dai lavoratori. Tra le altre cose, è responsabile della protezione dei diritti dei lavoratori sul posto di lavoro. La direzione deve consultare il Betriebsrat in relazione a questioni sul personale o l'impresa. Se hai problemi sul posto di lavoro, devi consultare il tuo Betriebsrat e chiedere consiglio o aiuto.

Nelle imprese con più di 2.000 impiegati, viene applicata la co-determinazione del 1976 o Legge della Partecipazione dei Lavoratori ( Mitbestimmungsgesetz). Questa legge richiede che il consiglio supervisore dell'impresa abbia un certo numero di impiegati rappresentanti. Il principio di co-determinazione dice che i sindacati e gli impiegati hanno voce e diritto di voto nelle politiche dell'impresa, oltre che avere la responsabilità della stessa.




In Olanda, la discussione riguardo la riforma dei trasporti pubblici è iniziata nel 1992 e si è conclusa nel 2000 con l’entrata in vigore di una nuova legge. Tale legge prescrive l’iniziale messa a gara, da parte di autorità regionali appositamente create, di un terzo dei servizi di pubblico trasporto ed eventualmente, in caso di riscontri positivi, la restante parte a partire dal 2007 (sia per il trasporto su gomma che per il tram e i servizi metropolitani).
Le gare hanno riguardato 16 concessioni (su un totale di 80) a cui hanno partecipato 5 operatori, di cui uno era un consorzio formato dalle imprese municipali di diverse città. Le gare riguardavano un contratto di tipo net cost per una durata fino ad un massimo di 6 anni. Il risultato finale è stato che in 10 gare, riguardanti ambiti urbani e extra-urbani, sono risultati vittoriosi gli operatori incumbents e solo in 6 casi si è avuto l’ingresso di un nuovo operatore, ma di queste ultime 4 sono state vinte da una delle tre maggiori imprese già operanti nel mercato. Dal punto di vista operativo però le gare hanno permesso un aumento della quantità del servizio offerto e un aumento della qualità del servizio stesso, grazie all’introduzione di nuovi e più moderni bus. La crescita del servizio non ha però generato un incremento nel costo del servizio a carico delle autorità regionali, permettendo così all’amministrazione locale di avere un servizi con costi operativi medi in riduzione e agli operatori di stabilizzare o aumentare la percentuale di copertura dei costi con ricavi da traffico grazie alla maggior spinta all’efficienza indotta dalla concorrenza e una migliore attenzione agli aspetti commerciali/tariffari.

Salari
Facendo un paragone con il resto d’Europa, gli stipendi sono nella media: più alti dell’Italia e della Spagna però più bassi dell’Inghilterra e della Germania. Il salario medio si aggira intorno ai 25,000 € e i 30,000 € l’anno.

Di solito si parla di salario mensile o annuale; solo nei lavori a tempo parziale si parla di ore e settimane. Gli stipendi si danno mensilmente a fine mese. Due volte all’anno si ricevono paghe extra: una a Natale ( l’equivalente della tredicesima) ed una in estate (giugno/luglio), come se fosse un contributo per le vacanze. Tuttavia, questo contributo per le vacanze viene detratto dal salario mensile.

Orario di lavoro
La legge olandese permette di lavorare un massimo di 9 ore al giorno e 45 ore a settimana. Tuttavia, si può lavorare solo 2080 ore all’anno, corrispondenti ad una media di 40 ore a settimana. La settimana lavorativa va di solito dal lunedì al venerdì, ma dipende dal tipo di lavoro. È obbligatorio un giorno di riposo a settimana, di solito la domenica. L’orario normale va dalle 9 alle 18 con 2 pause di 15 minuti e 1 ora e mezza per il pranzo. Molta gente non prende le pause, mangia in ufficio ed esce alle 17 invece delle 18.

Vacanze
Hai diritto ad un minimo di 20 giorni di ferie l’anno anche se la maggior parte delle aziende ti dà 5 giorni in più. Le ferie ti vengono pagate con il tuo stipendio normale. Sfortunatamente in Olanda non ci sono molti giorni di festa e quindi ti rimangono poche vacanze extra. Tuttavia, molti olandesi pensano di avere diritto a giorni di ferie per malattia e a volte molta gente rimane a casa per diversi giorni.

domenica 26 agosto 2007

Nascita di un movimento











Pubblico volentieri il primo volantino del movimento "Azione Indipendente" scritto da un nostro valorosissimo collaboratore, apparso moltissimo tempo fa, quando il progetto sembrava impossibile. E invece....




"Cari Colleghi,

In un giorno qualunque, come tanti, da far trascorrere tranquillo come le acque di un fiume dagli ampi margini; in una giornata dove una pioggiarellina viene giù da un cielo cupo e senza colore; una di quelle pioggerelline costanti ed invadenti, come i cattivi pensieri che attanagliano i momenti difficili della vita: è nel grigiore di questa giornata, che alzando gli occhi in direzione della luce giallastra dei lampioni, ci si svela un quasar di goccioline; e l’incedere lento e silenzioso della quotidianità, trascina e porta avanti , senza troppa attenzione chi, assiste senza cogliere il dramma nella sua pienezza: un’altra giornata volge al termine, lasciandoci la sgradevole sensazione di non aver prodotto nulla.

La frustante insoddisfazione ci pungola all’azione, efficace antidoto contro le miserie e la meschinità.
Fuggire il turbamento recato dallo sgretolarsi, dei sogni giovanili, delle certezze teorizzate, dal decadimento di una falsa quiete, e dalla mancanza di rispetto per il lavoro svolto; un lavoro socialmente invalidante, alienante e che arreca notevoli disagi.
Sovente siamo ritenuti dei privilegiati, ben pagati, ma ciò è chiaramente falso e basta addentrarsi nel nostro modo di venire per rendersene conto.

E dunque!! Cari colleghi,
l’azione è una proiezione dell’individuo nel vivere, quel luogo obbligato, dove l’uomo stesso, proiettandosi diviene il tassello di collegamento del passato col futuro passando per il presente, il suo collocamento perfetto fa sì che il divenire stesso diventi la proiezione della sua azione, e quindi solo destandosi dal sonno si giunge alla consapevolezza di dover agire per il proprio destino, diventato oggi sempre più incerto e enigmatico.
Questi germogli di coscienza, ora, dovranno fiorire e aprire una nuova primavera, che ci veda impegnati a recuperare un rapporto sereno con il mondo del lavoro, ricercando la dignità e il rispetto dei diritti, travolti da una realtà indolente e accidiosa.
Solo lottando contro la nostra stessa ipocrisia, potremo uscire dal conformismo che ci vede relegati in una gabbia per polli, dove si perde l’identità.
Calandoci nei nostri più intimi pensieri, scopriamo di essere inabissati, in un cumulo di fatti narrati che ci tolgono la capacità di discernere il vero dal falso, costringendoci a vivere e rifugiarci in convinzioni qualsiasi, facendo così il cattivo gioco di chi ci vuole solo capaci di “produrre”.
E’ tempo di reagire con tenacia, in questo momento di vuoto assoluto, per mantenere alta l’attenzione alla nostra drammatica realtà, che ci toglie la dignità di lavoratori.

Unirsi per rivendicare, con la forza della parola, senza violenza, ma con estrema fermezza,
i nostri diritti.
Le ragioni manifestate con il dissenso, ribellandosi a chi ci obbliga alla cieca obbedienza: non è atto di violenza. La soppressione dei diritti è violenza, e il ricatto una mano armata."


Mala tempora currunt et faber est suae quisque fortune

sabato 25 agosto 2007

L'alba di un nuovo mondo





Sento il profumo di brezza marina che da' nuova linfa alla voglia di cambiare. A poco meno di un anno dalla prima riunione di Azione Indipendente a P.le Agricoltura (era lo sciopero del primo dicembre del 2006), molto è stato fatto ma molto resta ancora da fare. Con pochi mezzi ma tanta voglia di cambiare siamo riusciti a coinvolgere tantissime persone iniziando da Roma sud, non trascurando affatto trasferte anche nella zona di Ponte Mammolo, roccaforte della Tevere Tpl. Pionieri certamente, ma anche consapevoli che un servizio pubblico così fatiscente bisognava farlo conoscere a tutti i cittadini di Roma: abbiamo così creato un blog dove poter pubblicare tutte le nostre iniziative e i nostri disservizi, dovuti all'eccessivo attaccamento al dio denaro del datore di lavoro. Prima della pausa estiva è nata una stretta collaborazione con il Comitato di Lotta della Trambus che sfocerà, da parte di tutti noi, con l'adesione alla sigla sindacale Rdb Cub, per un'azienda unica del Tpl. Ma non finisce qui, visto che è recente l'accordo con il movimento popolare internazionale Attac con il quale promuoveremo una seria campagna d'informazione per far conoscere ai cittadini di Roma la vera situazione del Tpl. A breve quindi ci sarà un' assemblea di tutti i movimenti coinvolti, il cui unico scopo sarà quello di divulgare ottimismo, speranza e informazione in modo da poter ottenere da voi tutto l'appoggio di cui abbiamo bisogno per scardinare questo muro di omertà da parte delle istituzioni romane. Ora, se avete qualche minuto disponibile, potreste leggere l'articolo scritto da Marco Bersani sulle ultime novità del decreto Lanzillotta, modificato in Commissione Affari Costituzionali nel mese di maggio: "L’accordo raggiunto in Commissione Affari Costituzionali sul Disegno di Legge di riforma dei servizi pubblici locali rappresenta un importante “stop” al tentativo, pervicacemente portato avanti in questi mesi dalla Ministro Lanzillotta, di arrivare alla definitiva privatizzazione dei servizi pubblici locali. Occorrerà aspettare il testo, occorrerà vedere se e come questo sarà modificato in Aula, occorrerà vedere quanto incideranno gli strepiti di Confindustria, che già oggi su “Il Sole 24 ore” grida al “ritorno delle municipalizzate”, ma alcune novità dimostrano che la lotta dei movimenti paga. Il punto di partenza da considerare è la normativa attuale che, per i servizi pubblici locali, prevede la gestione attraverso una sola forma societaria - la Società per Azioni- nelle tre diverse modalità della società a totale capitale pubblico, a totale capitale privato o a capitale misto. Il punto di ripartenza della Ministro Lanzillotta prevedeva, con la sola eccezione del servizio idrico, la definitiva privatizzazione di tutti gli altri servizi pubblici locali. L’accordo raggiunto in questi giorni, invece, definisce una volta per tutte la differenza tra gestione pubblicistica (che può avvenire solo in economia o attraverso enti di diritto pubblico, come le aziende speciali) e gestione privatistica (che può avvenire solo attraverso SpA a qualsiasi titolo scelte con gara). Le novità sono più d’una. La prima è che finisce l’ambiguità, cara alle culture amministrative liberiste di destra e di sinistra, di considerare “pubblica” la gestione attraverso SpA a totale capitale pubblico o SpA a capitale misto. Come da sempre denunciano i movimenti, la SpA è un ente di diritto privato, che trasforma di per sé i servizi pubblici in servizi a redditività economica e comporta la trasformazione dei beni comuni in merci per il mercato. D’altronde, è la stessa Unione Europea -da un altro punto di vista ma con inequivocabile coerenza- a dire che ogni stato membro può decidere quali servizi gestire direttamente e quali mettere sul mercato, e che le ambiguità di affidamenti diretti a società di capitali non potevano essere ulteriormente tollerate. La seconda novità è il ritorno della possibilità di gestione dei servizi attraverso aziende speciali, ovvero attraverso società municipalizzate o consortili. L’ultima volta che comparivano nella nostra legislazione era con la Legge 142/90, poi travolte dall’ubriacatura liberista della messa sul mercato dei servizi. Non è secondario, anche culturalmente, il loro ritorno, che rimette potenzialmente in campo la gestione pubblica e obbliga gli enti locali ad uscire dall’ambiguità e a definire chiaramente se sono lì per amministrare il bene comune o per consegnare i servizi al capitale finanziario. Tutto risolto, dunque? Certo che no. La spinta liberista non demorde e sarà facile per molti enti locali giustificare la messa in gara dei servizi, con l’alibi (in parte fondato) della mancanza di risorse per gestire i servizi attraverso aziende speciali. Ma sancire normativamente la possibilità della gestione pubblica rafforzerà le lotte territoriali per esigere che sia sostanziata con una inversione di tendenza nelle politiche di trasferimento delle risorse dallo stato agli enti locali (come, nel caso dell’acqua, prevede la legge d’iniziativa popolare con il Fondo nazionale per la ripubblicizzazione). Inoltre, restano indefinite (ovvero tutelate dal DDL in discussione) le multiutilities collocate in Borsa, vero nocciolo del problema, sul quale i movimenti dovranno indirizzare le prossime mobilitazioni. Perché il collocamento in Borsa significa la definitiva consegna dei beni comuni e della democrazia ai grandi capitali finanziari. Ma anche su questo punto, l’aver definito una separazione netta tra gestione pubblicistica e gestione privatistica faciliterà l’apertura di vertenze sinora molto difficili da intraprendere. A proposito dell’acqua. L’accordo raggiunto prevede l’approvazione di una moratoria sugli affidamenti del servizio idrico in corso. Su questo punto occorre ribadire che il testo è ancora insufficiente. La formulazione ambigua rispetto agli affidamenti cui si rivolge (nel testo si dice : “affidamenti a privati”), dovrebbe essere risolta, paradossalmente, dal nuovo testo del DDL (che in sostanza dice che tutti gli affidamenti a SpA a qualsiasi titolo vanno considerati “affidamenti a privati”). Ma resta il problema del tempo. L’aggancio della moratoria alla modifica del Dlgs. 152 (Decreto Ambientale) la fa diventare niente più che una proroga (e il Presidente di Confservizi, sempre oggi su “Il Sole 24 ore”, raccomanda la limitazione dei tempi sulla moratoria) e, inoltre, sembra far prefigurare la non volontà di addivenire a una nuova legge sull’acqua, bensì ad inserire eventuali modifiche direttamente nel Decreto Legislativo ambientale. Su questo, occorre che i movimenti continuino a chiedere che la moratoria sia relativa a tutti gli affidamenti in corso e che resti in vigore fino ad approvazione di una nuova legge sull’acqua. Infine, sulla legge per l’acqua. L’accordo raggiunto, pur non riguardando direttamente il servizio idrico, ha paradossalmente un effetto positivo proprio sulla campagna che i movimenti stanno conducendo per la legge d’iniziativa popolare. Infatti, è sufficiente applicare un sillogismo aristotelico per dimostrare come i i movimenti abbiano avuto ragione e come sarà complicato per i liberisti far arretrare la discussione rispetto a quanto stabilito. Il sillogismo funziona così : a) il DDL Lanzillotta afferma che la gestione pubblicistica può avvenire solo in economia o attraverso aziende speciali; b) il servizio idrico, come stabilito dal programma di governo dell’Unione, “sia come proprietà che come gestione deve rimanere in mano pubblica” ; di conseguenza : c) il servizio idrico può essere gestito solo in economia o attraverso aziende speciali. Che è quello che dice la legge d’iniziativa popolare, che è quello su cui proseguono le mobilitazioni dei movimenti. Insomma, la lotta continua e ancora non sappiamo i prossimi sviluppi. Ma per chi si batte contro tutte le privatizzazioni dei servizi pubblici locali, la partita si è riaperta. E, intanto, moltiplichiamo le firme per l’acqua."



Azione Indipendente

venerdì 17 agosto 2007

COMITATO DI LOTTA TRAMBUS





COMITATO DI LOTTA
Trambus


IL 24 AGOSTO 2007
MI ALZO, E SCIOPERO DALLE ORE 8.30 ALLE ORE 16.30

CONTRO L’ARROGANZA AZIENDALE CHE NON MI VUOLE ASCOLTARE SUL PROBLEMA DELLE RISERVATE E NON SOLO……CHE MI OBBLIGA A USCIRE DA CASA, PER RECARMI IN SERVIZIO DUE ORE PRIMA DEL TURNO E AL TERMINE DEL SERVIZIO PER RIENTRARE A CASA, MI FA GIRARE MEZZA ROMA.

PER L’ABBINAMENTO DELLE RISERVATE CON TURNI RIM/RIM
PER AVERE PIU’ TEMPO DA DEDICARE AI MIEI CARI
PER NON ESSERE TRATTATO DA LAVORATORE DI SERIE B

MODALITA’ : L’ultima partenza utile verrà effettuata alle ore 8.29
Le partenze in tabella dalle ore 8.30 in poi rientrano
nell’orario dello sciopero e non devono essere effettuate.

Attenzione!! Valgono gli orari stabiliti dalla tabella di marcia

Al termine dello sciopero alle ore 16.30 ci si deve presentare In rimessa alla gestione per la ripresa del servizio


Voglio vedere se dopo questo sciopero qualcuno pensa che non mi debba risolvere il problema delle riservate!!! E non solo………..

Comitato di Lotta Trambus
Roma 17 agosto 2007